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Psicologia e pedagogia per infermieri

Diversità e universalità dell'assistenza culturale. Una teoria del nursing

auteurs
Leininger

20,00 €

  • publish date juillet 2005
  • ISBN 978-88-299-1774-7
  • Code Piccin 1213650
  • Pages 392

Presentazione edizione italiana

Il villaggio globale, la comunità mondiale si fa sempre più multiculturale. Motivi economici, commerciali, politici, religiosi e altri ancora dinamizzano interi popoli a incontri tutt’affatto diversi da quelli d’un tempo.

L’incontro fra culture diverse è fatto oggi, a differenza che nel passato remoto, da micro incontri in ogni città e in ogni paese: nelle scuole, nei quartieri, nei mercati, nelle aule di tribunale, negli ospedali.

Difficile intendersi persino se si usa la medesima lingua perché strutturante le diversità risulta essere la cultura d’origine. I modelli specifici ad ogni cultura, nella traduzione ed incarnazione dei singoli bisogni umani per quanto universali, hanno ricevuto un imprinting diversificato. Sicché la risposta ad un bisogno in ambiente culturale diverso può e, di fatto, risulta essere del tutto inadeguata.

Fu questa la scoperta in ambito infermieristico da parte di Madeleine Leininger, autrice di questo classico, che vede finalmente la luce in lingua italiana e che volentieri presento all’attenzione di quanti operano in strutture della presa in cura della persona umana; non solo di malati ospedalizzati, ma anche di soggetti affetti da deficit ed handicap, di bambini, di puerpere, di anziani, in ambienti in cui la presenza di genti extra comunitarie si fa sempre più numerosa.

Se nel passato il dialogo interculturale poteva essere solo un argomento teorico di studio e poteva essere affrontato solo in analogia agli studi sul dialogo interreligioso o del dialogo politico fra popoli, oggi quel dialogo esige ben altra impostazione, in cui il metodo etnoinfermieristico di ricerca e di assistenza culturale nella presa in cura della Leininger può offrire sia spunti di riflessione più acuta, sia indicazioni di ricerca persino per campi di esperienza umana anche molto distanti.

L’attenzione all’altro, soprattutto se l’altro è sofferente e quando questa sofferenza si è connotata di elementi culturali molto distanti dai nostri, esige che quell’attenzione debba comprendere ciò che si è sedimentato nella sua pelle, nel suo inconscio primordiale già durante la gestazione o mediante le modalità educative dei primissimi anni di vita in cui col latte materno ha fatto propri i modi essenziali di essere al mondo, i copioni esplicativi per la comprensione dei fenomeni naturali, delle relazioni umane, degli stessi significati del venire alla vita, del morire, della sofferenza e del dolore, di presenza e assenza, di parte e tutto, di visibile e invisibile.

L’esperienza multietnica vissuta in prima persona dall’autrice, ancora negli anni ’50 in un Paese - quello Statunitense - che pure affonda le sue radici sulla collaborazione fra popoli diversi, le aveva fatto scoprire che nella cura della persona umana occorreva andare ben più in profondità dei modelli standard per rispondere al bisogno di salute degli ammalati, di benessere degli handicappati mentali, di educazione di bambini in difficoltà.

La presa in cura dell’infermiere va ben oltre il curare ad opera del medico, la presenza operante accanto al degente la sorpassa e richiede, per chi la vive, ben più che una esecutività precisa e responsabile. L’infermieristica presenta aspetti complementari alla medicina, alla chirurgia, alla farmacologia e alla farmacopea al punto da divenire essa stessa un ambito autonomo di ricerca scientifica e quindi di una propria epistemologia fondante ambiti di conoscenza ulteriori, capaci di trasformare la cura del corpo in presa in cura della persona umana e persino del gruppo di appartenenza del soggetto.

Il valore del dialogo interculturale di un’impostazione dell’infermieristica come quello che si evince dalla lettura di quest’opera va al di là dello scritto medesimo, va al di là dello stesso orizzonte della risposta ai bisogni medicali e di salute. Diventa un paradigma da tener ben presente in ogni ambito dell’esperienza di quanti oggi nel nostro paese s’incontrano sempre più con uomini, donne, bambini, anziani, malati, handicappati, ecc. provenienti da altri mondi e certamente intrisi di visioni del mondo, dell’esistenza, della salute, del lavoro, dell’organizzazione della convivenza assai diversi da quelle cui la nostra cultura ci ha abituati e che ci ostacola non solo nella comprensione, ma soprattutto nella acquisizione di quelle capacità necessarie a divenire cittadini di un mondo affatto nuovo, dove l’ultima parola non spetti necessariamente alla tecnologia, né ai parametri economici, né agli stereotipi culturali o ai diversi rituali interiorizzati dalla nostra filosofia del vivere quotidiano.

La civiltà di un nuovo umanesimo richiede un prendersi cura dell’umanità che tenga conto in modo olistico del singolo, per scoprire nella diversità di ciascuno l’universalità dei bisogni e dei valori, per darvi risposte universali sì, ma capaci di nutrire la vita, la salute, il benessere, il sapere, la gioia di vivere di ciascuno.

Franco Larocca

Professore Ordinario di Pedagogia Speciale

Università degli Studi di Verona

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