Spandrio
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Prefazione
Quando l’Editore Piccin nel 1993 iniziò la pubblicazione del I volume del “Trattato Italiano di Medicina di Laboratorio” diretto dal compianto Prof. Angelo Burlina, forse non immaginava che il completamento dell’opera avrebbe richiesto tanto impegno e tempo, tanto da essere ancora oggi in attesa della conclusione; e neppure che l’aggiornamento dei volumi via via pubblicati sui vari aspetti della materia risultasse così problematico.
Appariva ragionevole, in quegli anni lontani, presumere che la disciplina fosse ormai entrata in una fase di assestamento e che, di conseguenza, le modifiche sarebbero state, nel tempo, di ampiezza limitata.
Da qui anche la decisione dell’Editore di scegliere per l’opera la soluzione originale di stampa a fogli mobili nella convinzione che qualche sostituzione e/o aggiunta avrebbe potuto essere sufficiente per un tempo ragionevole per assicurare un idoneo aggiornamento.
Invece, anche senza entrare in settori particolari come quello della biologia molecolare e di tutte le sue ricadute nell’ambito del laboratorio, ma limitandoci al campo della biochimica clinica applicata, oggetto del presente volume, le cose non sono andate secondo tale previsione.
E debbo riconoscere che quando l’Editore Piccin, sul finire del 1999, mi sollecitò ad interpellare gli autori del volume, che avevo a suo tempo curato, per verificare l’opportunità di un aggiornamento, ho avuto non poche perplessità; anche per avere, nel frattempo, perso in parte il contatto con alcune realtà che avevano mostrato i maggiori cambiamenti.
Forse anche per questo errore di percezione i tempi indicati agli autori per l’aggiornamento risultarono del tutto inadeguati per difetto.
Questa circostanza ha creato perplessità e anche qualche giusta lamentela da parte di quei colleghi che per maggiore zelo, o per minore ampiezza delle modifiche da apportare ai loro elaborati, hanno provveduto a consegnare le aggiunte nei tempi prestabiliti; in tal modo si sono visti ritardare la stampa, che si è protratta fino a questo momento, non senza pregiudizio, talvolta, per la completezza dell’aggiornamento medesimo.
Di questo inconveniente chiedo venia ai colleghi assumendomi in parte la responsabilità.
In sintesi possiamo dire che alcuni capitoli sono rimasti del tutto o quasi immutati, per avere ormai gli argomenti trovato una loro definitiva configurazione (capitoli 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13, 14, 15).
Altri hanno subito modificazioni parziali, ma importanti, per almeno tre motivi:
1) per un affinamento nelle misure analitiche, dovute all’evoluzione tecnologica;
2) per un più approfondito inquadramento fisiopatologico dell’argomento e una più stringente applicazione alla clinica del dato di laboratorio;
3) per l’introduzione di nuovi analiti (farmaci, marcatori biologici, xenobiotici).
Circa il primo punto, ricordiamo l’impiego in molti settori del laboratorio di tecniche nuove, o molto più perfezionate, quali la spettrometria di risonanza magnetica, la spettrometria di massa, la spettrometria accoppiata al plasma, la elettroforesi capillare, la immunofissazione, la immunochimica con marcatori sempre più diversificati e sensibili (bio e chemiluminescenti). L’impiego in laboratorio di queste tecniche nuove, o almeno più perfezionate, ha consentito di ottenere, per molti analiti, misure più precise e/o più accurate e in, taluni casi, ha permesso di definire metodi di misura “definitivi”.
Riguardo al secondo punto si è dovuto tenere conto della nuova ricerca della medicina basata sulle prove di evidenza (EBM), pratica che ha avuto grande sviluppo e risonanza negli ultimi anni. Da qui le indicazioni di molti comitati nazionali e internazionali che hanno rielaborato e riaggiornato protocolli diagnostici e terapeutici per patologie importanti e comuni come il diabete, le malattie cardiovascolari, ecc.
Di conseguenza l’impiego di alcuni test di laboratorio tradizionali ha trovato una ben diversa utilizzazione nella diagnosi e nel monitoraggio di tali malattie.
Infine, sono emerse nuove conoscenze epidemiologiche circa molti xenobiotici che interessano la medicina del lavoro.
Le modificazioni dovute a questi motivi riguardano i capitoli 1, 2, 3, 4, 5, 6, 18, 20, 21.
Un discorso a parte va fatto per i capitoli 16 e 19 del Prof. Baccini e per il capitolo 17 del Prof. Tettamanti.
Il capitolo 16 presenta una trattazione molto documentata e approfondita sulla psico-neuro-endocrino-immunologia, che può, a buon diritto, considerarsi una nuova disciplina, in grado di collegare il sistema nervoso e quello immunitario attraverso mediatori molecolari, come le citochine e gli ormoni. Nel capitolo 19 il Baccini tratta in modo esteso e completo le droghe e il doping, analizzando ogni possibile aspetto.
Del tutto nuovo il capitolo 17, dove il Prof. Tettamanti descrive i processi di traduzione e di modulazione dei segnali fra le cellule, illustra i meccanismi operativi dei vari messaggeri (ben più numerosi di quelli conosciuti tradizionalmente) fino a trattare i meccanismi di programmazione della morte cellulare.
La presente opera risulta nel complesso aggiornata e molto ampliata su alcuni argomenti rispetto alla precedente.
Confidiamo, pertanto, in una favorevole accoglienza non solo da parte degli specializzandi e degli operatori di laboratorio, ma anche dei clinici più attenti, che attualmente non possono esercitare la loro professione ignorando quanto il laboratorio di analisi cliniche può loro fornire.
Brescia, gennaio 2006 Luigi Spandrio
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