CARDIOTOCOGRAFIA: quando utilizzarla, come interpretarla, quali management
LUANA DANTI
70,00 €
Prefazione
Sono diventata un’esperta di cardiotocografia “per caso”. Correva l’anno 1981, dovevo laurearmi e il mio Direttore di allora, Professor Attilio Gastaldi, mi propose una tesi di Laurea proprio sulla cardiotocografia, in particolare sulla nuova metodica per la valutazione dei tracciati, lo Score, molto di moda in quel periodo, soprattutto in America. Ovviamente fino a quel momento nessuno mi aveva mai spiegato in cosa consisteva la CTG, né tantomeno quale era il metodo per la lettura e l’interpretazione dei tracciati e la situazione era per me particolarmente critica, perché le pubblicazioni relative a questo argomento erano poche anche in lingua inglese, e una sola nel 1981 era da poco disponibile in italiano. Si trattava del testo-atlante di cardiotocografia di Wolfang M. Fischer, pubblicato in Germania nel 1976 e tradotto nel 1979 nella nostra lingua a cura di G.D. Montanari, A. Delucca e G.C. Di Renzo. Questo libro, peraltro solo in parte dedicato alla cardiotocografia, divenne per così dire la mia “Bibbia” e il mio punto di riferimento per iniziare a capire in cosa consisteva la CTG e ad apprendere una metodologia per la lettura e l’interpretazione dei tracciati. Con Fisher inizia la cosiddetta moda degli “score” per la valutazione della cardiotocografia, sia antepartum che intrapartum, un modo molto semplice, simile al punteggio di Apgar, utilizzato da tempo per la valutazione del benessere del neonato. Si trattava di analizzare i cinque differenti parametri della cardiotocografia separatamente, attribuendo a ciascuno una valutazione numerica (0-1-2) e sommando alla fine i dati: con punteggio 8-10 il tracciato era fisiologico, da 5 a 7 era dubbio, da 0 a 4 francamente patologico. Dopo Fisher altri Autori americani, Krebbs e Lyons in particolare, avevano affrontato il problema della valutazione dei tracciati nello stesso modo e così mi sono ritrovata a confrontare nella mia tesi le differenti metodiche, alla ricerca dello “score ideale”, quello migliore e più utile per una corretta interpretazione della CTG, almeno nell’ottica di quei tempi. In questo modo è cominciato il mio apprendistato e da qui è partita un’esperienza culturale che mi accompagna ancora oggi e che mi ha attribuito il ruolo, talvolta scomodo, di esperta della cardiotocografia, prima nel mio ospedale e, successivamente, un po’ in tutta Italia. Nella mia iniziale formazione ho sentito moltissimo la mancanza di punti di riferimento e la “solitudine culturale” ha caratterizzato quei primi anni: i dubbi erano tanti e, benché la metodica fosse utilizzata nella clinica quotidiana ovunque in modo intensivo dagli inizi degli anni ’70, non esisteva una formazione di base per gli operatori. Ognuno apprendeva a leggere ed interpretare i tracciati come poteva, solo sul campo e solo da strutturato, come se la cardiotocografia fosse facile e priva di ambiguità. Questo è successo ovunque nel mondo e in parte il problema della corretta formazione degli operatori non è stata ancora affrontata e risolta nei modi più adeguati neppure oggi. Peraltro dal 1983 ho cominciato, su richiesta della Maestra Ostetrica (come si chiamava allora l’ostetrica coordinatrice della scuola di ostetricia), a tenere annualmente un corso di formazione sulla cardiotocografia per le allieve ostetriche e dall’anno 1995 anche per gli specializzandi della scuola di specialità di Brescia. Questo significa che tutti gli specialisti che sono usciti dalla nostra scuola in precedenza non hanno mai fatto neppure un’ora di formazione per apprendere in modo corretto la metodica più importante per valutare il benessere fetale in sala parto e, ahimè, questo è successo ovunque nel mondo. Non deve meravigliare pertanto se proprio la CTG, spesso mal conosciuta e male utilizzata, ha contribuito in modo sostanziale all’aumento esponenziale dei tagli cesarei, con tutte le conseguenze connesse per le madri e per i loro bimbi, a breve e a lungo termine. Quello che è successo nel passato è spiacevole e non corretto, ma la cosa paradossale è che in Italia ancora oggi possano esserci scuole di specialità nella nostra disciplina che non prevedono un corso di formazione di base sulla cardiotocografia. Invece il bisogno di formazione in quest’ambito è da sempre molto sentito e così si spiega perché, dopo aver iniziato per caso a fare un corso di formazione sulla cardiotocografia ad Arezzo nel 2003, a tutt’oggi le richieste sono tante e paradossalmente invece di diminuire continuano ad aumentare. In pratica sono sempre in giro per l’Italia e non riesco a concludere questa mia attività didattica “da piccione viaggiatore”, come la definisce scherzosamente la mia famiglia. Questo libro pertanto nasce proprio da queste considerazioni: il bisogno di formazione in quest’ambito c’è ed è ben lungi dall’esaurirsi, e allora potrebbe essere utile mettere in un testo tutto quello che mi sforzo di spiegare e approfondire nei tanti corsi che ho tenuto in questi anni. Penso soprattutto agli operatori più giovani, ginecologi e ostetriche, che con questo libro possono avere a disposizione un ulteriore punto di riferimento culturale per lavorare in sala parto con la serenità e la sicurezza che nascono e si consolidano quanto più le conoscenze sono adeguate.
Luana Danti
Già Responsabile Puerperio
UO Ostetricia e Ginecologia
ASST Spedali Civili, Brescia
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