Manuale di interpretazione della Cardiotocografia.
Edwin Chandraharan
37,00 €
PREFAZIONE
Perché abbiamo bisogno di un libro di testo sull’interpretazione fisiologica del tracciato cardiotocografico (CTG)? Per rispondere a questa domanda, è necessario considerare il recente rapporto “10 Years of Maternity Maternity Claims” pubblicato dall’NHS Litigation Authority (NHSLA) nel 2013, che ha messo in evidenza il fatto che anche 40 anni dopo l’introduzione della cardiotocografia nella pratica clinica, la sua errata interpretazione continua a contribuire a un numero significativo di richieste di risarcimento per negligenza clinica che riguardano paralisi cerebrali e morti perinatali.
Sfortunatamente, la tecnologia CTG è stata introdotta nella pratica clinica nel 1968 senza alcuno studio randomizzato e controllato che ne confermasse l’efficacia nel ridurre la morbilità e la mortalità perinatale. La mancanza di una comprensione approfondita delle caratteristiche del tracciato CTG ha fatto sì che i primi “esperti” di CTG reagissero alle varie alterazioni “preoccupanti” senza comprendere i meccanismi fisiopatologici alla base di questi pattern. La risposta allo stress fetale veniva scambiata per “distress” fetale, portando a interventi intrapartum non necessari, come parti vaginali operativi e tagli cesarei d’emergenza. Al contrario, la mancanza di una comprensione più approfondita delle caratteristiche del tracciato CTG (mancato riconoscimento delle alterazioni
suggestive di scompenso fetale) portava a esiti perinatali sfavorevoli, tra cui l’encefalopatia ipossico-ischemica e le sue sequele a lungo termine, come la paralisi cerebrale.
Uno dei motivi principali per cui l’interpretazione del CTG è rimasta a lungo al di sotto degli standard di assistenza è stato l’aver introdotto negli anni ‘60 tale tecnologia nella pratica clinica, senza solide linee guida su come utilizzarla.
Le prime linee guida cliniche sono state pubblicate dall’American College of Obstetricians and Gynecologists (ACOG) nel 1979, anche se tra il 1968 e il 1979 esistevano già alcuni “pareri di esperti”. All’inizio degli anni ‘80, c’erano più di 20 sistemi di classifi cazione CTG utilizzati in tutto il mondo, con una conseguente notevole confusione tra ostetrici e ostetriche su come utilizzare effi
cacemente questa tecnologia. Ciò ha costretto la Federazione Internazionale di Ginecologia e Ostetricia (FIGO) a produrre le prime linee guida cliniche unificate sull’interpretazione del CTG nel 1987 (19 anni dopo l’introduzione della cardiotocografia nella pratica clinica!). Nel Regno Unito, le prime linee guida in assoluto sull’interpretazione del CTG sono state pubblicate dal Royal College of Obstetricians and Gynecologists (RCOG) solo nel 2001, dopo il quarto “Confidential College Enquiries into Stillbirths and Deaths in Infancy” (CESDI) del 1997. Questo rapporto evidenziava come la mancanza di conoscenze sull’interpretazione del CTG fosse un fattore chiave nelle morti endouterine intrapartum.
Sfortunatamente, tutte le linee guida pubblicate fino a quel momento dipendevano fortemente dal sistema di “riconoscimento dei pattern” per la classificazione dei tracciati CTG. Si basavano sull’identificazione morfologica delle decelerazioni in corso, classificate inizialmente come Tipo 1 e Tipo 2 e successivamente come decelerazioni “precoci, variabili e tardive”, con le decelerazioni variabili ulteriormente classificate in tipiche (non complicate) e atipiche (complicate).
Non solo queste decelerazioni non si verificano in modo isolato durante il travaglio, ma sono anche soggette ad una significativa variabilità di interpretazione inter- e intra- operatore, con conseguente classificazione errata. Alcuni studi hanno dimostrato che anche gli esperti che forniscono prove medico-legali ai tribunali basandosi sul “riconoscimento del pattern” per l’interpretazione del CTG cambiano opinione alla luce degli esiti neonatali. Questo dimostra la confusione che regna nell’interpretazione del CTG anche tra gli esperti.
Il rapporto CESDI del Regno Unito ha evidenziato che su 873 morti intrapartum, il 50% aveva avuto un’assistenza di “grado 3” inferiore agli standard. Ciò significa che il 50% delle morti intrapartum erano potenzialmente evitabili. I fattori che hanno contribuito a un’assistenza al di sotto degli standard comprendono la mancanza di conoscenze sull’interpretazione dei tracciati CTG,
la mancata integrazione del quadro clinico (meconio, temperatura, emorragia intrapartum), ritardi negli interventi, problemi di comunicazione e non ultimo di buon senso. Il rapporto del Chief Medical Officer del 2006 su “Morti intrapartum: 500 opportunità mancate” ha continuato a mettere in evidenza un’assistenza al di sotto degli standard, includendo l’errata interpretazione del CTG
come un fattore contribuente. L’NHSLA ha pubblicato nel 2009 il rapporto “100 Stillbirth Claims” (100 richieste di risarcimento per morte endouterina), che indica che su 100 richieste di risarcimento per morte endouterina, il 34% era direttamente dovuto a un’errata interpretazione del CTG che coinvolgeva sia ginecologi che ostetriche. Il più recente rapporto dell’NHSLA “10 Years of Maternity” ha evidenziato come l’errata interpretazione del CTG sia una delle cause principali di malasanità nei servizi di maternità, responsabile di morti endouterine, encefalopatia ipossico-ischemica e conseguenti sequele a lungo termine come la paralisi cerebrale.
L’errata interpretazione del CTG non solo ha implicazioni finanziarie significative per qualsiasi sistema sanitario, perché un singolo caso di paralisi cerebrale può costare circa 10 milioni di sterline, ma ha anche un impatto negativo incommensurabile sulle famiglie. Un bambino con paralisi cerebrale richiede un’assistenza intensiva 24 ore su 24, oltre a una regolare terapia occupazionale e
riabilitazione logopedica quasi ogni settimana. Pertanto, i genitori spesso devono rinunciare al proprio lavoro per diventare assistenti a tempo pieno nell’accudimento dei loro figli. Inoltre, una morte intrapartum o una morte neonatale precoce possono causare un enorme trauma emotivo, che può persino infl uenzare le gravidanze successive. Infine, non bisogna dimenticare l’impatto di un’errata interpretazione del CTG sul personale (ostetrici, ostetriche, anestesisti e neonatologi).
Alcuni abbandonano la professione scelta a causa dell’impatto psicologico negativo. Dunque, l’errata interpretazione del CTG non provoca solo implicazioni medico-legali con conseguenti perdite economiche, ma ha anche un impatto significativo su individui, famiglie e, in generale, sulla società.
Pertanto, a mio avviso, è giunto il momento di un cambiamento di paradigma nell’interpretazione del CTG da quella basata sul tradizionale “riconoscimento del pattern” a quella basata sulla fisiologia fetale. L’interpretazione basata sui pattern ha portato a una significativa variabilità inter- e intra-operatore, con un conseguente aumento degli interventi operativi durante il travaglio, senza alcuna riduzione significativa dei tassi di paralisi cerebrale o di morte perinatale. L’interpretazione basata sulla fisiologia mira a comprendere la fisiopatologia che sta alla base delle caratteristiche osservate sul tracciato CTG, con l’obiettivo di mettere in atto un intervento tempestivo e appropriato in caso di evidenza di scompenso fetale. Per contro, aiuta a evitare interventi non necessari quando sono evidenti sul tracciato CTG segnali di compenso fetale di fronte a uno stress meccanico o ipossico. Sulla base degli studi condotti su animali e sull’uomo, è evidente che un feto esposto a un’ipossia intrapartum in evoluzione mostra alcune caratteristiche peculiari e prevedibili del tracciato CTG, caratteristiche che rifl ettono tentativi di compenso fisiologico, simili a quelli degli adulti. Sebbene il grado di risposta possa variare a seconda dell’intensità e della durata dell’insulto ipossico e della riserva individuale di quel feto, la risposta compensatoria fetale all’ipossia intrapartum in atto, che porta infine allo scompenso, è abbastanza prevedibile.
È importante comprendere che i feti non sono esposti all’ossigeno atmosferico e, pertanto, non sono in grado di aumentare l’ossigenazione del miocardio aumentando la frequenza e la profondità degli atti respiratori. Pertanto, al fine di mantenere un bilancio energetico positivo, il feto deve diminuire la frequenza cardiaca per ridurre il carico di lavoro del miocardio e conservare l’energia. Dunque, non ci si deve precipitare a prendere decisioni inappropriate non appena si osservano decelerazioni sul tracciato CTG e non ci si deve limitare a classificarle, in base alla morfologia, in decelerazioni precoci, variabili tipiche, variabili atipiche e tardive. Gli ostetrici e le ostetriche che assistono al travaglio devono considerare le decelerazioni come risposte barocettoriali e/o chemocettoriali a stress ipossici o meccanici in corso. Dovrebbero quindi cercare di determinare la risposta del feto, osservando le caratteristiche del tracciato CTG tra le decelerazioni (cioè la stabilità della linea di base e la normale variabilità) in modo da intervenire quando il feto mostra segni di scompenso. Intervenire non sempre significa un parto operativo immediato o un taglio cesareo d’emergenza. Al contrario, l’intervento deve essere sempre finalizzato a migliorare l’ambiente intrauterino, per quanto possibile, anche se poi l’espletamento parto dovesse diventare necessario. Tranne nei casi di eventi acuti intrapartum (distacco di placenta, prolasso di funicolo, rottura d’utero), in cui è giustificato un parto immediato, il feto mostra una risposta compensatoria definitiva e prevedibile allo stress ipossico in continua evoluzione. Pertanto, la distinzione tra una risposta fetale compensatoria e lo scompenso fetale è essenziale per la gestione del travaglio.
I capitoli introduttivi trattano la normale fisiologia fetale e la placentazione, nonché gli aspetti tecnici delle apparecchiature CTG. Seguono l’uso del CTG in situazioni cliniche e le insidie associate all’interpretazione del CTG. È stato fatto ogni tentativo per spiegare gli aspetti fisiopatologici che stanno alla base delle varie caratteristiche osservate sul tracciato CTG e, laddove applicabile, è stata proposta una “esercitazione CTG”. Un “Esercizio CTG” è incluso dopo ogni capitolo per verificare le conoscenze del lettore. Il capitolo sulle alterazioni del tracciato CTG nelle lesioni cerebrali non ipossiche ha lo scopo di illustrare alcune delle condizioni rare che si possono incontrare nella pratica clinica. Considerando il fatto che un’assistenza intrapartum sicura comporta uno sforzo multidisciplinare, ginecologi, ostetriche, anestesisti e neonatologi hanno contribuito con capitoli su aree rilevanti, tra cui l’auscultazione intermittente, il ruolo degli anestesisti durante un’alterazione del CTG e la rianimazione neonatale.
Desidero ringraziare tutti i collaboratori per il loro impegno e sacrificio. Hanno fatto in modo che i capitoli si basassero sulle attuali evidenze scientifiche e sulla fisiopatologia fetale. Sono profondamente in debito con il mio mentore, il professor Sir Arulkumaran, che mi ha ispirato a sviluppare l’interesse per il monitoraggio fetale intrapartum. Un ringraziamento speciale ai miei colleghi Ugwumadu, Leonie Penna, Virginia Whelehan e Abigail Archer, che sono membri dei corsi di monitoraggio fetale intrapartum della facoltà del St George’s. Vorrei ringraziare la signora Sara Ledger di Baby Lifeline, un’associazione di beneficenza che conduce corsi di perfezionamento sul CTG per ostetriche e ginecologi in diverse regioni del Regno Unito, per il suo contributo. Un grazie speciale va a tutti i miei co-autori, che sono stati o sono miei tirocinanti e hanno saputo interpretare il CTG sulla base della fisiologia fetale e sono estremamente motivati a migliorare i risultati intrapartum. Sono i nostri leader di domani e non ho alcun dubbio che saranno determinanti nel cambiare la modalità di interpretazione del CTG passando dal “riconoscimento dei pattern”, utilizzato negli ultimi 40 anni, ad un’interpretazione del CTG basata sulla fisiologia con l’obiettivo di migliorare gli esiti sia materni che neonatali.
Spero sinceramente che questo libro aiuti a iniziare il nostro viaggio verso un’interpretazione del CTG basata sulla fisiologia. Lo dobbiamo alle donne e ai neonati che si affidano a noi per l’assistenza durante il travaglio.
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