L. Mariani - R. Pegoraro - D. Ruggiu
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Quale etica e quali regole negli studi epidemiologici sulla popolazione?
PREFAZIONE
Per chi si occupa di linee guida a contenuto clinico, “evidence based”, può sembrare molto difficile che si possano produrre raccomandazioni sull’etica della gestione delle informazioni sanitarie. Diversi, infatti, sono l’ambito, i concetti, i criteri di riferimento e i fondamenti possibili.
Nel primo caso si parla di evidenza, intendendo per evidenza una collezione di fatti attorno ai quali ci si forma l’opinione che qualcosa sia vero (o falso). Qui, al meglio, possiamo parlare invece di opinioni, per quanto ben fondate, per giudicare cosa sia “giusto” fare in merito alla gestione e diffusione di informazioni sensibili. Eppure, tutto ciò rappresenta un tema cruciale per il quale
occorre urgentemente fare chiarezza.
Infatti, non si può evidentemente fare a meno del tentativo di riferirsi ad un orizzonte di valori più o meno condiviso, in un mondo viceversa contrassegnato dalla diversità di vedute e prospettive (politiche, sociali, di gruppo o perfino di clan), amplificate e distorte da media e “intelligenze artificiali” capaci di poter raggiungere e “profilare” sempre più pervasivamente ciascuno di noi. Media e intelligenze artificiali diventano capaci non solo di registrare finemente, ma in qualche modo anche di plasmare e condizionare pensieri, attitudini, opinioni, stili di vita e koiné linguistiche e sociali, di riprogrammare i segnali di riconoscimento interpersonali (identità-diversità, inclusioneesclusione, solidarietà-cinismo) che intercorrono nelle società ipercomplesse. Di queste scelte, e di queste linee di indirizzo, vi è enormemente bisogno, considerando quanto la tecnologia dei big-data consenta oggi di avvicinarci
sempre di più a quella medicina di precisione (“personalizzata”) che dovrebbe in teoria portare al superamento dell’approccio quantitativo/standardizzato statistico (sinonimo di massificazione dell’individuo e della incomprensione delle peculiarità individuali che contraddistinguono la condizione di malato, ancor più di quella di sano).
Il trattamento incauto di questi dati, la loro triangolazione e utilizzo in algoritmi complessi che consentono da un lato di prevedere dettagliatamente lo stato di salute a livello di gruppi di popolazione e di singoli individui, la prognosi delle malattie, e il rischio di ammalarsi, combinando dati di genetica, di laboratorio, di pattern epidemiologici anagrafici e di sesso, età e stili di vita e, dall’altro, apre scenari promettenti (migliorare la speranza di vita in salute) ma inquietanti (si pensi solo allo stigma di malattia che una diagnosi genetica può comportare, soprattutto se si finisce per calcolare un rischio di ammalarsi di qualcosa che non è curabile…). Vi è anche il problema del possibile restringimento degli orizzonti di libertà dell’individuo (e della fortuna di un futuro imprevedibile in larga misura) rispetto a tecnologie (incluso l’incrocio e sintesi di big-data) che ampliano le potenzialità deterministiche della scienza, a discapito della bellezza della libertà e imponderabilità dell’esistenza, e della enorme fortuna dell’uomo che prometeicamente non può prevedere il suo futuro. L’utilità di questo volume risiede non solo nella luce che riesce a gettare su queste complesse problematiche, ma anche sulla utile sinossi degli aspetti più importanti della gestione dei dati sensibili alla luce delle norme e leggi esistenti, facendone uno strumento indispensabile per tutti gli operatori sanitari, cittadini e manager interessati alla gestione etica, rilevante e appropriata delle informazioni in ambito sanitario.
Primiano Iannone
Direttore Centro Nazionale
per l’Eccellenza Clinica (CNEC),
Istituto Superiore Sanità, Roma
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