Simone Rigalza - Massimo Garavaglia
45,00 €
PRESENTAZIONE
Il trattamento manipolativo osteopatico (OMT – Osteopathic Manipulative Treatment) così come la terapia manuale in generale, rappresenta una modalità di trattamento molto comune per svariate affezioni del sistema muscolo-scheletrico. Differenti revisioni
sistematiche1-2 hanno concluso che la terapia manuale e l’OMT portano a miglioramenti clinici significativi della funzione motoria, sia in termini di minore percezione del dolore che di facilitazione del movimento.
L’OMT pone enfasi sull’integrità funzionale del corpo ed attraverso l’utilizzo di differenti tecniche manipolative, ne facilita la fisiologia e ne supporta l’omeostasi. Il cardine fondamentale che regola le basi dell’OMT è rappresentato dalla ricerca della disfunzione somatica (DS). La DS è definita come una funzione alterata di una o più parti che compongono la struttura corporea: ossa, articolazioni, muscoli, fasce ed i relativi elementi vascolari, sistema linfatico e neurali3.
A partire dagli anni sessanta, diversi autori hanno cercato di spiegare la patofisiologia della DS: i neurofisiologi Korr e Denslow proposero per primi la teoria del segmento facilitato4-5-6, mentre successivamente gli osteopati Fryer e Chaitow esplorarono lo stesso fenomeno descrivendo l’assessment osteopatico e le caratteristiche delle tecniche manuali3. Proprio attraverso l’uso delle mani e della palpazione l’osteopata ricerca i 4 segni clinici caratterizzanti la DS raggruppati sotto l’acronimo di TART: anomalia della texture, asimmetria posizionale, range of motion limitato e dolorabilità. Gary Fryer, ricercatore e clinico australiano di fama internazionale, ipotizza che questi segni clinici siano determinati da più elementi somatici come tessuti miofasciali, neurali o vascolari, modificazioni tissutali post-traumatiche, funzioni centrali come la nocicezione e l’interocezione ed altri aspetti biologici come la sensitizzazione e l’infiammazione3.
Nel corso degli anni altri autori hanno provato a proporre paradigmi differenti in grado di descrivere la DS, ma la TART resta sicuramente il più usato ed il più insegnato a livello internazionale.
La DS ha un ruolo rilevante e cruciale per l’osteopatia in quanto ne caratterizza la professione e la distingue dalle altre terapie manuali e manipolative. Ciò nonostante, la sua rilevanza clinica rimane ancora oggi dubbia a causa della non chiara patofisiologia e della poca affidabilità intra ed inter-operatore7. Inoltre, la relazione della DS con lo stato di salute di una persona, sia in termini di assenza che di presenza non è stata ancora dimostrata8. Una migliore comprensione della DS rappresenta ad oggi la mission scientifica della ricerca osteopatica internazionale.
Integrare il paradigma della TART all’interno di un assessment e trattamento manipolativo del sistema nervoso autonomo (SNA) è sicuramente una sfida clinica e scientifica interessante. Il SNA riveste un ruolo fondamentale per la salute in quanto partecipa al mantenimento di un equilibrio complesso e dinamico definito omeostasi.
L’omeostasi del corpo è costantemente condizionata da continui fattori endogeni ed esogeni (stressors) e il suo mantenimento avviene tramite l’attivazione dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene (HPA) in sinergia con il SNA9. L’attivazione dell’HPA determina una cascata di reazioni neurofisiologiche tra cui il rilascio di cortisolo nel torrente sanguigno. Il ruolo del cortisolo all’interno del nostro organismo è veramente polivalente in quanto regola il metabolismo del glucosio, dei grassi e delle proteine, agisce nelle fasi iniziali dell’infiammazione riducendo l’edema ed il dolore, inoltre facilita i processi di riparazione cellulare stimolando la gluconeogenesi10. Tutte queste funzioni biologiche del cortisolo spiegano l’interesse dell’osteopatia nei confronti della modulazione, attraverso il tocco, del SNA ed del sistema HPA. Esiste infatti una corposa branca di ricerca sugli effetti della terapia manuale e dell’OMT nella regolazione del cortisolo ed altri biomarker neuroendocrini11-12. Inoltre, nell’ultima decade, sono stati pubblicati interessanti studi di laboratorio condotti sul colture di cellule di fibroblasti, i cui risultati promuovono l’OMT come strumento terapeutico in grado di interagire con diversi marker dell’infiammazione13. Siccome i fibroblasti rappresentano la principale popolazione cellulare del sistema fasciale, diventa intuitivo pensare che il tessuto connettivo sia il target di un’alterazione neurovegetativa e che attraverso il tocco, un’anamnesi rigorosa e l’utilizzo di strumenti di misurazione, si possa valutare ed osservare gli effetti dell’OMT sul SNA.
Comprendere quindi i meccanismi d’azione dell’osteopatia, il dosaggio delle tecniche e privilegiare un’osteopatia basata su prove d’efficacia, dovrebbe essere un imperativo non solo per ragioni scientifiche, economiche e professionali ma anche per indirizzare la politica sanitaria e le linee guida della pratica clinica14.
Questo libro rappresenta una chiara e completa trasposizione clinica di come la manualità osteopatica possa creare un’interazione con il SNA. L’applicazione delle tecniche di valutazione e trattamento, suddivise per ogni capitolo in base alla regione anatomica, forniscono al clinico un valido aiuto per affrontare e gestire pazienti con disordini neurovegetativi.
GIOVANNI PARRAVICINI
Fisioterapista - Osteopata
Co-founder FOB (Formazione Osteopatia Brescia)
Autore di articoli scientifici in ambito osteopatico
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