Paul L. Marino
25,00 €
PREFAZIONE
Thomas Kuhn (1922-1996) è considerato tra le voci più influenti della filosofia della scienza del XX secolo. Kuhn è un americano che ha iniziato la sua carriera con un dottorato di ricerca in fisica, ma subito dopo ha posto la sua attenzione alla filosofia e alla storia della scienza. Nel 1962 ha pubblicato la sua opera di maggiore importanza, The Structure of Scientific Revolutions (1), che descrive il suo concetto di progresso della scienza. Questo concetto è riassunto di seguito. Ogni specialità o disciplina nella scienza adotta un
modello o un paradigma per descrivere le osservazioni teoriche o pratiche di quella disciplina. L’attività scientifica all’interno di ogni disciplina si basa quindi sulle previsioni del paradigma prevalente, con poco o nessun tentativo di mettere in discussione la validità del paradigma. Quando le osservazioni sperimentali non sono coerenti con le previsioni del paradigma, la validità dell’osservazione (non il paradigma) viene messa in discussione.
Solo dopo casi ricorrenti in cui le osservazioni sono in contrasto con il paradigma prevalente, l’attenzione si sposta alla valutazione critica del paradigma.
Questo porta ad un cambiamento, o cambio di paradigma, che fornisce una migliore corrispondenza con le osservazioni sperimentali.
La descrizione di Kuhn del progresso della scienza sembra applicarsi all’attuale paradigma dell’ossigeno. Vi è un’indiscussa riverenza verso l’ossigeno come conditio sine qua non per la vita su questo pianeta, e promuovere l’ossigenazione dei tessuti è considerato equivalente a promuovere la vita.
La forza di questa convinzione è dimostrata dal caso del catetere dell’arteria polmonare; ossia, nel momento in cui gli studi clinici hanno dimostrato che l’aumento dell’apporto di O₂ attraverso cateteri nell’arteria polmonare non migliora la sopravvivenza, la responsabilità è stata attribuita al catetere (e ne è stato abbandonato l’uso), mentre la possibilità che un aumento del rilascio
di O₂ non migliori la sopravvivenza non è mai stata messa in discussione.
Ciò che viene trascurato nell’idea comune dell’ossigeno è la sua natura distruttiva; esso, infatti, altera le molecole organiche (attraverso l’ossidazione) e questo processo può danneggiare tutte le componenti vitali delle cellule e produrre una forma letale di danno cellulare. Negli ultimi 50 anni si è accumulata una moltitudine di evidenze scientifiche che ha permesso di dimostrare come l’ossigeno (ossidazione) sia una fonte di danno patologico in numerose malattie. Questo lato distruttivo dell’ossigeno è stato trascurato nella medicina clinica e merita maggiore attenzione. Il libro si occupa di questo aspetto e rivaluta alcuni concetti tradizionali riguardo la modalità in cui il corpo umano è progettato in relazione all’ossigeno e la modalità di impiego dell’ossigeno nella pratica clinica.
Questo libro impiega una serie di domande per esaminare o chiarire una caratteristica specifica relativa all’ossigeno. Ci sono due sezioni principali nel libro. La prima sezione, intitolata “Quanto è importante l’ossigeno?”, sfata alcune delle credenze tradizionali sull’ossigeno e le pratiche utilizzate per promuovere l’ossigenazione dei tessuti. I primi due capitoli esaminano l’importanza dell’apporto di O₂ nel ruolo funzionale del cuore, dei polmoni e dell’eritrone (l’unità formata da globuli rossi-emoglobina) e le informazioni presentate dimostrano che, in ogni caso, il trasporto e l’eliminazione di CO₂ hanno la precedenza sul rilascio di O₂. Il terzo capitolo esamina la distribuzione di O₂ nel corpo umano e rivela che vi è una scarsità di O₂ nei tessuti e che il metabolismo aerobico è progettato per operare in tale ambiente. Il quarto capitolo si concentra sulla credenza comune che l’ipossia tissutale sia l’ultima via comune nella morte degli organismi aerobici ed evidenzia come ci siano poche prove a sostegno di questa convinzione. Negli ultimi due capitoli vengono esaminate due comuni pratiche utilizzate per promuovere l’ossigenazione dei tessuti (cioè l’ossigenoterapia e le trasfusioni di emazie concentrate) e si evidenzia come vi sia una mancanza di prove sul fatto che nessuna di queste pratiche raggiunga il suo obiettivo. Inoltre, ciascuno di questi interventi suscita una contromisura (ad esempio, l’ossigeno produce vasocostrizione) che contribuisce a mantenere l’ambiente tissutale a basso contenuto di O₂. Limitare l’esposizione degli organi vitali all’ossigeno limiterà il rischio di danno ossidativo ai tessuti, e ciò conferisce una motivazione teleologica alla povertà di ossigeno all’interno del corpo umano.
La seconda sezione del libro, intitolata “Quanto è distruttivo l’ossigeno?”, si concentra sugli effetti dannosi dell’ossigeno (ossidazione). I singoli capitoli di questa sezione descrivono gli effetti generali dell’ossidazione (Capitolo 7), la produzione di “specie reattive dell’ossigeno” (ROS) e i meccanismi di danno cellulare ossidativo (Capitolo 8), la partecipazione dei ROS alla risposta infiammatoria (Capitolo 9), il danno da radiazioni (Capitolo 10) e l’invecchiamento (Capitolo 11). I capitoli seguenti descrivono la protezione antiossidante (Capitolo 12) e l’importanza della protezione antiossidante nel danno polmonare da iperossia (Capitolo 13).
Il capitolo finale del libro riassume le informazioni rilevanti presentate in tutto il libro, e si definisce la prospettiva concettuale per cui l’ossigeno è una molecola distruttiva e il corpo umano è progettato per proteggere gli organi vitali dagli effetti dannosi dell’ossigeno. Ciò è diametralmente opposto all’attuale convinzione che inondare i tessuti di ossigeno sia necessario per promuovere la vita, e indica che la gestione del paziente dovrebbe essere “ossigeno-protettiva”, piuttosto che “ossigeno-promuovente”. Le raccomandazioni per questa strategia di protezione dell’ossigeno sono presentate nel capitolo finale del libro.
L’ossigeno ha la capacità unica di decomporre la materia organica, motivo per cui il cibo viene conservato in contenitori sigillati sottovuoto e per cui utilizziamo involucri di cellophane e contenitori di plastica ermeticamente sigillati per mantenere il cibo “fresco”. Così come proteggiamo dall’ossigeno la materia organica presente nel nostro cibo, così dovremmo fare per la materia organica nei nostri pazienti.
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