Competenze per comunicare con i pazienti
Silverman - Kurtz - Draper
25,00 €
Edizione italiana a cura di Lidia Del Piccolo
Prefazione all’edizione italiana
Conobbi per la prima volta il Dr. Silverman nel luglio del 2002, frequentando un corso MITA “Communication Skills: Teaching and Learning for Clinicians” svoltosi a Glasgow (UK), che coinvolgeva persone di diverse nazionalità, provenienti da diverse esperienze formative e cliniche, tutte orientate ad approfondire il loro approccio all’insegnamento della comunicazione in ambito sanitario.
Ciò che mi colpì di quell’intensa settimana, fu l’approccio all’insegnamento: centrato sui discenti, orientato a proporre delle attività che partissero dalle concrete difficoltà ed esperienze che ciascuno stava vivendo rispetto all’insegnamento delle competenze comunicative.
Pur lavorando in gruppo, si partiva dalla persona, la si aiutava a definire in modo chiaro ed esplicito i propri obiettivi didattici, limandoli o ricollocandoli quando necessario, definendo il contributo degli altri partecipanti al processo e provando a metterlo in pratica in vivo, attraverso l’aiuto anche di attori professionisti che svolgevano il ruolo richiesto dal discente e usufruendo poi di preziosissimi feedback da parte del docente, dei colleghi e degli attori stessi. Il processo di apprendimento si esplicava contemporaneamente a diversi livelli: sul piano della consapevolezza personale, sul piano della conoscenza specifica, nonché sul piano della competenza interpersonale. Si imparava guardando, sperimentando, provando e riflettendo e perché no, ridendo… perché un’altra meravigliosa dote del Dr.
Silverman è il senso dell’umorismo.
Non ho avuto la possibilità di conoscere, se non in modo formale la professoressa Kurtz e la dottoressa Draper, ma entrambe mi hanno fatto intuire la stessa sensibilità umana e professionale.
In questo loro libro, terza edizione di un testo ampiamente adottato in diverse facoltà mediche del mondo e già tradotto in numerosissime lingue, gli autori riescono a trasferire, pur nel rigore della medicina basata sulle evidenze, i diversi piani attraverso cui la comunicazione in medicina si esplica, frutto peraltro della loro stessa esperienza clinica e didattica.
Ciò che ho apprezzato è soprattutto l’attenzione all’influenza reciproca che processo e contenuto hanno l’uno sull’altro, evidenziando come questi si condizionino a vicenda, e la proposta di un modello in cui approccio psicosociale e biomedico si integrano senza soluzione di continuità.
Nell’insegnamento agli studenti di medicina, un aspetto che sottolineo sempre è che, per svolgere una buona consultazione, devono contemporaneamente lavorare a più livelli: avere un quadro di riferimento generale che determini la struttura della consultazione nelle sue fasi e nei suoi tempi, organizzare i contenuti in modo tale da renderli consequenziali e orientati a uno scopo (che non sempre può essere stabilito a priori, ma che deve essere definito nel corso della consultazione), gestire la comunicazione in modo da mantenere la relazione e nel contempo ottenere le informazioni necessarie a operare in senso diagnostico e/o terapeutico, cogliendo la complessità del paziente. Tutti aspetti che operano contemporaneamente e che debbono essere tenuti a mente, all’inizio a fatica, con il tempo con maggior destrezza, ma bisognosi sempre della stessa attenzione e concentrazione. E proprio questa attenzione e concentrazione durante il processo comunicativo consentono di mantenere contenuto e processo su uno stesso piano di rilevanza, rendendo la consultazione “professionale”.
Le abilità comunicative sono quindi parte integrante delle competenze di un sanitario, non possono essere improvvisate, necessitano di consapevolezza ed esercizio, così come le abilità di tipo più tecnico. Saper fare senza saper comunicare può essere particolarmente rischioso nel nostro contesto sociale, caratterizzato dalla presenza di pazienti sempre più informati e attivi, consapevoli di diverse opzioni di scelta terapeutica e talvolta scettici, per i quali fiducia e collaborazione non sono un esito scontato, bensì una conquista essenziale ai fini della cura.
Le numerose e aggiornate evidenze riportate in tutto il testo, se da un lato possono apparire pedisseque, dall’altro sono un forte sostegno a quanto via via affermato e un elemento di forza che avvalora l’unicità di questo libro che, proprio per questo, ho ritenuto opportuno rendere più fruibile ai lettori e agli studenti italiani, augurando loro di trarne tutti i migliori insegnamenti, sia in senso teorico che pratico.
Lidia Del Piccolo
Professore Associato di Psicologia Clinica
Dipartimento di Sanità Pubblica e Medicina di Comunità
Sezione di Psicologia Clinica, Università di Verona
Presentazione di Myriam Deveugele
Un tempo gli operatori sanitari erano al centro del processo di cura. Soprattutto i medici: raccoglievano l’anamnesi clinica ed eseguivano le diverse analisi mediche partendo dalla loro prospettiva al fine di giungere ad una diagnosi. Erano loro a dire al paziente cosa fare, come e quando farlo, confidando che il paziente si sarebbe comportato di conseguenza. E quando il paziente non guariva, la colpa era della sua mancata adesione al piano terapeutico.
Questa è una caricatura, una visione antiquata? Ovviamente sì. Anche in passato gli operatori sanitari cercavano di fare del loro meglio per aiutare i pazienti.
Tuttavia, i tempi sono cambiati. La ricerca scientifica sulla comunicazione in medicina ha dimostrato che il paziente è un co-protagonista importante nella consultazione. È, infatti, lui ‘l’esperto’ e nella posizione migliore per raccontare cosa gli sta succedendo e il motivo per il quale richiede l’aiuto del medico. Sono, quindi, stati utilizzati sempre di più termini come ‘cura centrata sul paziente/sulla persona/sulle persone’, anche da organizzazioni importanti come l’OMS. È ormai noto che una comunicazione efficace ha ricadute positive sia per il paziente che per l’operatore sanitario. Nel primo capitolo verranno descritti gli studi scientifici presenti in letteratura che supportano questo principio.
Inoltre, le persone vivono più a lungo e, di conseguenza, presentano più disturbi in comorbilità e malattie croniche. La qualità della vita è diventata sempre di più un argomento centrale in medicina. Se una malattia cronica non si può curare, solo il paziente è in grado di riferirci che cosa desidera per il tempo che gli resta. Se il medico si trova di fronte ad un paziente con diverse problematiche che richiedono trattamenti diversi da quelli tradizionali, l’unica risorsa che ci può essere d’aiuto è il paziente. In una simile situazione, il modo migliore per affrontare il problema è ascoltare il paziente e prendere assieme decisioni su cosa e come procedere.
Queste nuove acquisizioni richiedono un cambiamento nel modo di comportarsi degli operatori sanitari e dei pazienti. I pazienti hanno più responsabilità, devono essere maggiormente preparati alla consultazione e all’essere coinvolti nella discussione/nel dialogo.
Chi si occupa di loro deve costruire una buona relazione, saper ascoltare, individuare i motivi dell’incontro, fornire informazioni, discutere e condividere il processo decisionale sia con i pazienti sia con gli altri professionisti sanitari, combinando abilmente ragionamento clinico e capacità tecnica.
Siccome i medici hanno sempre dimostrato la loro disponibilità ed interesse per il paziente, si potrebbe dire che simili cambiamenti negli atteggiamenti e nei comportamenti si possono ottenere facilmente e che, quindi, un libro sulle ‘abilità per comunicare con i pazienti’ non serve. Sappiamo tutti, però, che questa conclusione non è corretta – il cambiamento negli atteggiamenti e nei comportamenti non deriva automaticamente dalla conoscenza. Il cambiamento ha bisogno di addestramento. Comunicare non vuol dire solo essere cortesi, la comunicazione ha a che fare con delle competenze chiave che devono essere apprese.
Pertanto, sono felice che Jonathan Silverman, Suzanne Kurtz and Julie Draper abbiano pubblicato la terza edizione di questo loro libro sulle abilità comunicative. Anche se i Manuali Calgary-Cambridge e gli altri due libri che descrivono il loro metodo (questo e Teaching and Learning Communication Skills in Medicine) rappresentino già testi di riferimento in diverse facoltà mediche e siano già stati segnalati come ‘manuali basati sull’evidenza rispetto al colloquio in medicina’, la terza edizione include anche le ultime ricerche sulla comunicazione medica. Questo porta da una parte ad un aumento delle evidenze e dall’altra ad alcuni cambiamenti sul modo di applicare queste stesse competenze, specialmente riguardo al processo decisionale, la comunicazione dei rischi e l’alfabetizzazione sanitaria, tutti argomenti di crescente importanza e attenzione.
Non si potrà mai sottolineare a sufficienza la rilevanza di questo modello della consultazione basato sulle evidenze. Le guide Calgary-Cambridge descrivono le competenze chiave per tutti i discenti e gli insegnanti di qualsiasi disciplina medica, per tutti i livelli dell’educazione, per gli specialisti, così come per i medici di medicina generale. Queste competenze sono utili in tutte le situazioni. Riguardano tutte le circostanze difficili ed impegnative, anche se può essere necessario adoperarle con intensità e consapevolezza maggiori.
Il libro che avete tra le mani dà una risposta alle sfide che i professionisti sanitari incontrano quando eseguono consultazioni accurate, efficaci ed efficienti.
Vi auguro che la lettura di questo importante lavoro vi sia utile come lo è stata per me.
Myriam Deveugele
Professor in Communication in Health Care
Department of Family Medicine and Primary Health Care,
Ghent University, Belgium
President, European Association for Communication in Healthcare
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