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    Manuale di Psicologia Clinica
    Manuale di Psicologia Clinica
    Manuale di Psicologia Clinica
    Psicologia generale

    Manuale di Psicologia Clinica

    Autori
    Maria Cristina Verrocchio

    50,00 €

    • publish date giugno 2023
    • ISBN 978-88-299-3360-0
    • Code Piccin 0408061
    • Pages 632
    • Binding Brossura

    PRESENTAZIONE

    Quest’opera si presenta come un manuale di Psicologia Clinica, ma nelle intenzioni e nei fatti è anche qualcosa di diverso e di più. La sua presentazione, quindi, non vorrebbe essere (solo) una tradizionale prefazione ad un libro accademico, ma piuttosto riflettere i presupposti, gli obiettivi e il percorso che hanno portato alla sua stesura. 

    Dove e quando nasce l’idea di questo volume? 

    Il dove traspare bene dagli Autori dei contributi, colleghe e colleghi del Collegio dei Professori e Ricercatori di Psicologia Clinica delle Università italiane, che hanno identificato questo come luogo prioritario di riflessione e confronto sulla caratterizzazione didattica, scientifica e professionalizzante della Psicologia Clinica nel contesto italiano.

    Il presente volume è dunque, per cominciare, il frutto dell’impegno di un gruppo di colleghi esperti per la definizione, delimitazione e approfondimento di quelli che sono gli ambiti formativi utili ed essenziali della Psicologia Clinica in funzione delle relative prospettive professionalizzanti della disciplina. 

    Il quando è di più incerta attribuzione considerando che fin dalle sue origini il Collegio ha posto al centro dei suoi obiettivi l’identificazione di una specificità dell’area psicologica clinica, anche per ragioni di delimitazione disciplinare in risposta alle varie riforme universitarie cha hanno riguardato (anche) la Psicologia Clinica nel corso dei cinquant’anni dall’istituzione dei primi corsi di laurea in Psicologia. Non sempre tali ragioni accademiche hanno favorito una riconosciuta, solida e armonica collocazione della Psicologia Clinica nel contesto delle varie discipline che di salute e disturbi mentali si occupano (in particolare Psichiatria, Neuropsichiatria, Neurologia, ma anche Psicologia dinamica, della Personalità, dello Sviluppo ecc.) e talora anche la ricerca, per
    definizione più svincolata da rigidi confini disciplinari, ha spesso risentito di queste delimitazioni, diventate in qualche caso restrizioni. 

    Negli ultimi dieci anni, migliorata, se non guarita, dai suoi problemi d’identità, la Psicologia Clinica ha iniziato un percorso più autenticamente orientato alla valorizzazione dei propri ambiti di studio e dei relativi risvolti formativi e professionalizzanti, tenendo ben presente la collocazione italiana all’interno del panorama internazionale. 

    Sono stati anni caratterizzati dall’intenso lavoro di molti colleghi, che si sono dedicati con motivazione e perfino appassionato (superfluo ogni riferimento …) impegno alla riorganizzazione di un percorso formativo per i Corsi di laurea triennali e magistrali che da un lato fosse in grado di stare al passo con la base di ricerca più consolidata e aggiornata, dall’altro proprio da questa sapesse cogliere le necessarie conoscenze e competenze da trasmettere ai futuri professionisti psicologi clinici. La progettazione di un core curriculum in psicologia clinica (diventata poi a pieno titolo e meritatamente psicologia clinica e della salute) destinato agli studenti che iniziano il percorso di studi, ha rappresentato così il primo, sostanziale passo verso la definizione di percorsi formativi, condivisi dalla comunità accademica, in grado di guidare studenti e futuri professionisti verso protocolli empiricamente riconosciuti nell’area clinica e della salute. 

    Gli ultimi cinque anni (e siamo così giunti al periodo di realizzazione di questo manuale) sono stati (e sono) spettatori di eventi di grande impatto, alcuni difficilmente prevedibili, ma anche di cambiamenti e trasformazioni talora da tempo attese e finalmente rapidamente accelerate, anche dalle circostanze.

    Prima fra tutte la conversione in legge, il 22 dicembre 2017, del DdL sul riordino delle professioni che include quella di psicologo tra le professioni sanitarie, dando ovviamente ulteriore riconoscimento all’importanza di competenze professionali soprattutto in campo clinico e di tutela della salute.

    Contemporaneamente, l’attivazione (o riattivazione in alcune Sedi) delle Scuole di Specializzazione di Area Psicologica (SSUAP), col successivo riordino degli ordinamenti didattici secondo quanto previsto dal decreto 50/19, fornisce pieno riconoscimento alla formazione di III livello in area psicologica in prosecuzione e completamento della formazione di I (lauree triennali) e II (lauree
    magistrali) livello, e contemporaneamente rende sempre più pressante la necessità di una formazione specialistica che garantisca allo psicologo l’acquisizione delle necessarie competenze per operare in contesti clinici, psicoterapeutici e sanitari. 

    Per finire, è di gennaio del 2022, la pubblicazione da parte dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS) del testo della Consensus Conference sulle Terapie Psicologiche per Ansia e Depressione che ha visto la partecipazione di esperti del mondo accademico, professionale e del Servizio Sanitario Nazionale, con l’obiettivo primario di promuovere, sulla scia dell’esperienza inglese nota come
    Improving Access to Psychological Therapies, gli interventi psicologici più efficaci per ansia e depressione. 

    La valutazione dell’efficacia non è più iniziativa del singolo terapeuta ma è basata su metodi, procedure e protocolli diagnostico-terapeutici che ne garantiscono l’affidabilità, fornendo al terapeuta sostegno e rassicurazione sulle proprie pratiche professionali. 

    Tutte queste coincidenze non possono essere casuali: ci sono momenti storici in cui diverse istanze vanno a convergere verso cambiamenti necessari e incontrovertibili. Siamo convinti che questo sia uno di tali momenti che segna una profonda svolta per la Psicologia, ma soprattutto per la Psicologia Clinica, chiamata ad adeguarsi a standard formativi condivisi e riconosciuti capaci di guidare lo studente verso l’acquisizione di conoscenze e competenze empiricamente validate, condivise dalla comunità scientifica, compatibili con una adeguata declinazione nel contesto dei percorsi assistenziali. Tutte queste coincidenze fanno di questo manuale (dopo un lungo percorso di progettazione) un primo passo su questa nuova strada e verso prospettive preannunciate da ulteriori riforme in corso d’opera (come la laurea abilitante o la revisione degli ambiti disciplinari con una possibile maggiore attenzione a quell’interdisciplinarietà così richiesta e necessaria in contesti sanitari). Aggiungiamo qui che questi sviluppi pongono come ulteriore e ineludibile obiettivo collettivo quello di un ‘riordino’ del ruolo della pratica nella formazione universitaria nel suo complesso. È un luogo comune quello dell’apprendere (anche) facendo; la Psicologia Clinica italiana è stata per lungo tempo ed è ancora costretta a esternalizzare in modo più o meno estemporaneo questa necessità e a ciò consegue un gap fra quello che insegniamo nelle diverse
    fasi della formazione stessa e i luoghi dove i nostri studenti iniziano a vedere la reale messa in opera dei temi clinici stessi. I Servizi Universitari – tranne lodevoli eccezioni – appaiono spesso impegolati in normative farraginose rese ancora più complesse dal loro declinarsi in regolamenti regionali e in uffici locali. D’altro canto, l’organizzazione dei tirocini sul territorio pare ancora volontaristica e costringe spesso a faticose mediazioni anche personalistiche. Il tema ci pare sotto gli occhi di tutti e dovrà essere uno dei principali ambiti di lavoro dei prossimi anni per la comunità dei docenti di area clinica. 

    Ma torniamo al manuale qui presentato e di cui dobbiamo ancora declinare il come. Si tratta di un volume concepito prevalentemente per gli studenti della laurea triennale in Psicologia, ed è chiaramente e opportunamente articolato in quattro sezioni essenziali (intendendo con questo termine quegli elementi minimi ma indispensabili a caratterizzare un manuale di Psicologia Clinica): i modelli di riferimento; l’assessment o valutazione diagnostica; elementi di psicopatologia; gli interventi. In modo altrettanto chiaro ed essenziale ciascuna sezione comprende le matrici fondamentali della formazione: basi scientifiche, metodologia, costrutti, risvolti applicativi e deontologici. 

    In questo modo lo studente si avvicina, fin dall’inizio del suo percorso, ad un modus operandi che fungerà da binario per lo sviluppo del suo percorso successivo; l’idea ambiziosa è quella di aiutare a porre le fondamenta di un percorso culturale e scientifico complesso e affascinante. 

    Sono tutti temi nei quali la comunità italiana della Psicologia Clinica ormai si pone non solo come interprete di sviluppi accaduti altrove ma come naturale componente del procedere della ricerca internazionale. Si tratta di un passaggio non scontato e non banale: i diversi autori del Manuale hanno contribuito concretamente al delinearsi dei contenuti e delle linee degli specifici ambiti. 

    Sono editors di riviste internazionali, sono membri autorevoli di Società Internazionali, passano o hanno passato anni all’estero, sono attori interni di ciò che accade intorno a noi e per questo motivo possono restituirlo alle persone in formazione nel nostro Paese. Non ultimo, sono ricercatori e clinici. Non si è trattato dunque solo di riportare studi o orientamenti nati altrove ma di
    articolare in un manuale gli sviluppi di aree al cui interno la comunità della Psicologia Clinica italiana si muove ormai con familiarità e innovatività. 

    Gli sforzi collettivi che hanno spesso trovato nel Collegio uno degli ambiti privilegiati, trovano qui un contenitore ricco e adeguato poiché chi ne ha curato lo sviluppo e chi ne scrive le varie parti ha direttamente collaborato a costruire anche i riferimenti complessivi. Il terreno in cui nasce questo Manuale è dunque quello che ha caratterizzato soprattutto questi ultimi anni delle discussioni nel nostro ambito: la formazione in area clinica deve andare sempre di più verso una professionalità psicologica non autoreferenziale, non ideologica, non localistica. Si tratta di un lavoro propriamente ‘accademico’ nel senso migliore del termine e
    per il quale vi sono ormai dei riferimenti, dei parametri internazionali che identificano alcune direzioni di fondo. Il rimando ai temi scientifici non può che essere il primo. Gli antichi e importanti dibattiti del secolo scorso paiono superati dalla logica delle cose intorno a noi e dalle richieste diffuse e crescenti del territorio; che è termine forse abusato ma che contiene la domanda sociale
    di cura psicologica. A tale domanda non si può che rispondere – con tutte le cautele di questo mondo – appoggiandosi al sapere scientifico per come si è sviluppato per prove ed errori nel periodo più vicino a noi. La clinica ha posto domande cui la ricerca ha dato e continua a dare risposte; a volte parziali e caute, a volte più costanti e lineari. 

    L’importante lavoro richiamato sopra su ansia e depressione, ma non solo, ne è un ottimo esempio; altri ve ne sono magari con una minore attendibilità generale ma non per questo trascurabili. 

    Pensiamo ad alcuni disturbi di personalità per i quali vi sono indicazioni ormai consolidate su cosa fare e cosa non fare, anche e nonostante note e non banali difficoltà diagnostiche. Oppure ai lavori sull’efficacia degli interventi, tema che è facile identificare come fra i più rilevanti per le prossime generazioni di docenti e professionisti. 

    Certo vi sono temi su cui le domande vanno poste in modo diverso, pena semplificazioni fuorvianti; pensiamo ad esempio agli interventi integrati in patologie complesse, o all’addiction (o alle diverse forme di addiction nelle diverse severità di presentazione)
    o ancora all’articolata area della Salute. 

    Dunque si diceva del come e la risposta del volume sembra essere quella del fare riferimento in ogni ambito a un sapere scientifico, condiviso, validato. 

    Si trasmettono dei contenuti aggiornati e un modo di articolarli, iniziando anche ad apprendere una sorta di breviario di auto-aggiornamento costante: è fondamentale insegnare anche a come districarsi fra le diverse suggestioni (magari di origine incerta) per riconoscere i segnali di un lavoro scientifico coerente, controllato, ragionevole, non rigido ma nemmeno aleatorio o impressionistico. 

    Non facile certo ma nemmeno impossibile e i già richiamati esempi del core curriculum e della Consensus ne sono esempio. Ad essi si tratterà di affiancare mano a mano cartelli indicatori altrettanto plausibili. A voler immaginare il lavoro accademico nella nostra area, potremmo pensare alla costante necessità di metabolizzare in primis e poi di restituire semplificando (ma non banalizzando)
    contenuti e metodi ai giovani futuri colleghi. 

    La sfida è anche quella di prendere da discipline vicine ma non sovrapponibili quei temi utili e significativi e tradurli nella clinica; è un processo che necessita di competenze articolate poiché nei diversi ambiti ha aspetti diversi. Come detto vi sono aree del nostro sapere in cui la vicinanza con discipline quali la psichiatria è inevitabile, ma la stessa psichiatria e ancor più la neuropsichiatria
    infantile aggiungono temi e ne mitigano altri; vi sono ambiti in cui alcuni aspetti della antica cultura dei gruppi, magari rivisitata, sono  ancora importanti, altri in cui il conoscere i funzionamenti (e i riti) delle strutture sanitarie diviene cruciale. E l’elenco potrebbe continuare. Abbiamo attraversato un ricambio generazionale che ci ha traghettato verso una clinica sempre più consapevole della inevitabile necessità di avere ampia capacità di scambio con i campi che attorno a noi si muovono. Ciò che ci contraddistingue è la “messa a terra” dell’insieme composito che proviene dalle discipline vicine a noi, ben consapevoli dello scenario sanitario e assistenziale in cui ci muoviamo. Il manuale aiuta a muovere i primi passi per gli studenti triennalisti, ma proprio per questo sono passi cruciali. Ad essi ne seguiranno altri che dovranno essere coerenti con i primi: cosa cercare, dove e come per consolidare il proprio sapere e dove cercare anche per sviluppare competenze sempre più specifiche, riproducibili,
    verificabili. Il tutto in un’area che deve anche rispettare (ancora senza banalizzare) le soggettività in campo che non può però diventare alibi per una clinica generica e aspecifica. 

    Molte cose dunque dietro e dentro un manuale, in una direzione ambiziosa che è stata quella che ha ispirato il Collegio e – ci auguriamo – lo ispiri sempre di più: interpretare un sapere eclettico senza subirlo ma facendolo diventare il punto di forza della comunità accademica e professionale. 

    Si tratta anche di un compito sociale, viste le ricadute che potrà avere nel modo di operare di numerosissimi futuri protagonisti della professione, della ricerca, della didattica. Ci auguriamo scambi sempre più fecondi. 

    Daniela Palomba e Fabio Madeddu

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