Fineschi
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Introduzione
Mi trovavo, nell’ottobre 1978, a Kyoto per partecipare, come usualmente esigevano i miei impegni di carattere scientifico, al Congresso mondiale di Ortopedia e Traumatologia assieme ad altri colleghi italiani.
Tale Congresso stava svolgendosi in un edificio enorme e di grande sontuosità costruito appositamente per grandi avvenimenti, che prevedevano un’alta affluenza di persone provenienti da gran parte del mondo.
Il nostro gruppo di italiani era stato prenotato per il soggiorno in un Hotel molto distante dal palazzo dei Congressi ed era stato pertanto predisposto un servizio di autobus giornalieri per trasferirci.
Nell’interno dell’autobus ci veniva consegnato un giornale edito in lingua giapponese, per noi illeggibile, fino a quando, una mattina ce ne venne distribuito uno trascritto in lingua inglese e con un editoriale a grandi caratteri.
Ciò per informare i congressisti della straripante notizia proveniente dal Vaticano annunciante l’elezione a Pontefice di un cardinale polacco.
Un tale evento costituì un avvenimento molto importante ed emozionante per noi italiani.
Un Papa che “veniva da lontano”! e che si apprestava a prendere il nome di Giovanni Paolo II.
Non avrei potuto immaginare come e quando, in seguito, la vita pastorale di quel Sommo Pontefice avrebbe coinvolto la mia persona in un lungo percorso di vicende incredibilmente straordinarie.
Sta di fatto che all’inizio dell’anno 1979 Egli ebbe a concedere una speciale udienza a tutto il personale operante nell’Università Cattolica (Policlinico A. Gemelli) includente quello amministrativo, quello sanitario, quello dei docenti e degli studenti sotto la guida del Rettore Prof. Giuseppe Lazzati.
L’organizzazione di questo evento aveva predisposto uno schieramento in settori suddivisi per categorie, nel primo dei quali il Rettore e il corpo dei docenti, con una disposizione a semicerchio.
Per quanto riguardava noi docenti, Giovanni Paolo II si soffermò brevemente con ciascuno domandandoci con molta gentilezza la rispettiva disciplina didattica, rivolgendo di volta in volta parole di apprezzamento accompagnate da un sorriso, e talvolta da qualche frase umoristica.
Quando giunse il momento di intrattenersi con me, mi trovavo accanto al collega chirurgo addominale da una parte e al collega ginecologo dall’altra. Finito con un gentile sorriso l’intrattenimento si congedò da noi tre con la seguente battuta umoristica: «Voglia la buona sorte che non abbia mai ad aver bisogno del chirurgo addominale e del chirurgo ortopedico, fermo restando che del ginecologo non potrò certamente avere bisogno».
A parte il fatto che con due di noi chirurghi ebbe a che fare per ben sei volte, è rimasta impressa nella mia memoria la sua facile e sempre pronta capacità di ricorrere all’umorismo anche durante i disagiati ed eroici periodi delle sofferenze alle quali andò incontro.
Ne sarà data notizia nelle testimonianze che da qui in avanti fanno seguito.
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